Dalla corsia al corteo: così la propaganda ProPal contagia ospedali e piazze
Nel delirio di una mobilitazione isterica per Gaza, uno degli episodi più squallidi é avvenuto di nuovo nelle professione sanitarie, dopo il caso della inqualificabile coppia, dottoressa e infermiera toscane, che avevano platealmente cestinato dei prodotti farmaceutici israeliani, arrecando un danno non solo all’immagine delle categorie professionali e della Asl di competenza, ma anche all’utenza avrebbe potuto usufruire di essi.
Durante lo sciopero, quanto meno discutibile, della scorsa settimana a distinguersi è stato un’anestesista di un ospedale Torrette di Ancona che, aderendo all’astensione dal lavoro, con la sua azione scriteriata, ha costretto una paziente oncologica a dover rimandare un delicato intervento per il cancro al seno.
Assurdo che chi dovrebbe prodigarsi per curare e salvare vite umane abbia deciso scientemente di assentarsi per una mobilitazione, mettendo a rischio la sopravvivenza di una paziente che avrebbe avuto bisogno immediato di quella operazione chirurgica. Patetica la difesa di ufficio dei responsabili delle categorie sindacali locali che imputano alle inefficienze del sistema medico, solidarizzando con l’anestesista pasionario per Gaza.
Proprio perché il sistema ha problemi, chi esercita professioni sanitarie dovrebbe essere ancora più attento e scrupoloso nel rispettare i propri turni e farsi trovare pronto sul posto di lavoro per garantire la salute dei pazienti.
Potremmo poi entrare nel merito di uno sciopero assurdo e inutile che non ha fatto altro che creare disagi riprovevoli ai cittadini italiani e ai turisti, con gli incidenti vergognosi avvenuti a Milano, dove in “nome della pace e del popolo palestinese”, si è messa a ferro e fuoco la città in uno dei suoi gangli vitali, la Stazione Centrale.
Un bilancio, quello degli incidenti, che ha visto 60 agenti di Polizia feriti e che poteva essere ancora più pesante se la reazione delle forze di sicurezza fosse stata più vigorosa.
Lasciano perplessi le parole del ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, all’indomani della giornata della vergogna che i sindacati si dicono pronti a replicare. Dando la sacrosanta solidarietà ai poliziotti feriti, ha aggiunto che il suo ministero “non vieterà mai di manifestare per la pace”. Bene. Ma Piantedosi lo ha capito che chi sta manifestando nelle città e negli atenei italiani non lo sta facendo “per la pace” ma semplicemente per vedere distrutto lo Stato di Israele?
Nelle parole d’ordine dei cortei “Free Palestine” e “Palestina libera dal fiume al mare”, infatti, viene auspicata la cancellazione dello Stato Ebraico. Nelle azioni violente la volontà di imporre i metodi guerriglieri di Hamas e dello jhadismo, nelle nostre strade, non solo il Italia ma in tutta Europa, dove l’onda anomala rischia di prendere il sopravvento. Il rischio serissimo é che dal ‘blocchiamo tutto’ si passi allo ‘spacchiamo tutto’.
Intanto, le opposizioni del nostro paese vezzeggiano e blandiscono gli scioperanti e in un loro mondo dei sogni vedono questo moto popolare come una grande presa di coscienza di una società civile che ormai è completamente soggiogata dalla propaganda filo palestinese. Non esiste più dibattito o confronto sui media. Televisioni e testate giornalistiche sono completamente assoggettate alla retorica ProPal. Le rare eccezioni di chi prova a ricordare le stragi del 7 ottobre e degli ostaggi rapiti ancora in mano agli aguzzini dei criminali islamisti, vengono soffocate e bullizzate.
Chi tenta di spiegare che il popolo palestinese andrebbe liberato soprattutto dal giogo di Hamas, organizzazione terroristica che gode di grandi flussi di denaro provenienti dal Qatar con la benedizione della Russia, della Cina e della Turchia viene masso a tacere evocando il fantomatico “genocidio” di Israele.
L’attenzione che sta destando la crociera provocatoria dei flottiglianti è spasmodica ed è cosi solamente nel nostre paese, perché in altri la stravagante missione non raccoglie lo stesso seguito. Le accuse rivolte a Israele di aver attaccato le barche, tutta da dimostrare e verificare, divenute in breve tempo una mossa di propaganda riuscitissima, hanno fatto presa nell’immaginario collettivo.
Le parole della portavoce del Global Movement to Gaza, Maria Elena Delia, al Corsera di stamattina estremamente illuminanti. Per lei e probabilmente per il suo movimento nella sua interezza, non esiste neanche più la soluzione dei “due popoli due stati”. Per lei “bisognerebbe che ci fosse uno unico Stato dove tutti i cittadini possano vivere con uguali diritti e doveri”. Probabilmente per la Delia quello Stato dovrebbe essere la Palestina. Forse qualcuno dovrebbe avvisarla che in realtà quello Stato, con le caratteristiche da lei elencate e dove vivono quasi oltre un milione e mezzo di arabi, cristiani e musulmani assieme a sette milioni e mezzo di ebrei già esiste, c’è e si chiama Israele.
